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Il futuro della riforestazione urbana Il futuro della riforestazione urbana

Tra le proposte per rendere le nostre città più verdi e resistenti alle condizioni climatiche in mutamento, cresce l’attenzione verso i progetti di forestazione urbana. Quali sono i vantaggi di questi interventi, e perché concentrarsi proprio sulle città, dove strade, marciapiedi e parcheggi rendono la messa a dimora particolarmente difficile? Qual è la situazione del verde urbano in Italia, e quali interventi vedremo realizzati nei prossimi anni? E soprattutto, si nascondono degli inconvenienti dietro a misure tanto popolari? A queste e ad altre domande cerchiamo di dare risposta nei prossimi paragrafi.

Perché concentrarsi sulla dimensione urbana

I più recenti dati ISTAT ci dicono che il 56% della popolazione italiana vive in zone urbane. Nonostante gli andamenti demografici negativi, tale percentuale è destinata ad aumentare nei prossimi trent’anni. Il processo di urbanizzazione è un trend globale ormai tracciato per i decenni a venire, in particolar modo per i paesi meno sviluppati: entro il 2050, la quota dei residenti in grandi città toccherà il 70% della popolazione mondiale. La qualità della vita nel contesto urbano assumerà quindi una rilevanza sempre maggiore.

Quando accostiamo la città al tema della sostenibilità, un primo punto di dibattito riguarda il suo impatto ambientale rispetto agli insediamenti suburbani e rurali. La tesi che ha guadagnato terreno negli ultimi dieci anni è che la città goda di una maggiore efficienza nell’utilizzo delle principali risorse. La sua forma compatta contribuirebbe a minimizzare l’uso del suolo e la lunghezza degli spostamenti, mentre la ridotta superficie delle abitazioni, unita alla loro concentrazione, diminuirebbe i consumi dovuti al riscaldamento. A supporto di tali ipotesi, viene sottolineata la correlazione negativa tra concentrazione urbana ed emissioni di CO2.

C’è tuttavia un problema nella maggior parte di queste stime: esse non tengono conto delle emissioni create in maniera indiretta. In altre parole, le attività industriali e agricole necessarie al sostentamento della città e dei suoi abitanti sono situate altrove, ma il loro impatto ambientale viene spesso attribuito alle regioni che le ospitano. Questo squilibrio tra emissioni per capita consumate e prodotte è stato portato alla luce sia negli USA che nel Regno Unito. Le stime più recenti ci parlano di un contributo delle città alle emissioni globali di CO2 pari al 70%, mentre coprono appena il 3% della superficie del globo.

Fragilità urbane

In uno studio comprensivo sul tema, il geografo William Meyer sostiene che le aree metropolitane offrono maggiore protezione da eventi quali terremoti e uragani, così come dai rischi legati alle attività umane. Le città imprimono una spinta determinante all’innovazione, sono centri di cultura, e fonte di emancipazione economica per decine di milioni di persone. Al tempo stesso, esse mostrano alcuni segni di debolezza. Un nuovissimo rapporto del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, ad esempio, evidenzia un aumento delle ondate di calore e delle alluvioni nelle maggiori città italiane: Napoli ha registrato negli ultimi decenni 50 giorni in più di caldo intenso l’anno rispetto a inizio Novecento, così come Milano (+30 giorni), Torino (+29) e Roma (+28). 

Un capitolo a parte va riservato all’inquinamento atmosferico: sebbene le aree rurali dei paesi sottosviluppati soffrano di una condizione peggiore in virtù dell’inquinamento indoor, dato l’utilizzo di combustibili quali legname e cherosene per alimentare i fornelli, le città scontano un’elevata concentrazione di biossido d’azoto – un gas che ha gravi ripercussioni sul sistema respiratorio e che per questo deve essere monitorato attentamente, come ci insegna l’esempio di Cittadini per l’Aria. La nuova mappa europea della qualità dell’aria urbana mette svariate città della nostra Pianura Padana (e non solo) agli ultimi posti della classifica, con livelli di concentrazione media annua delle PM 2,5 quasi superiori al doppio della soglia di esposizione fissata dall’OMS.

Portare la foresta in città

Gli interventi di forestazione urbana, oltre a contribuire al raggiungimento degli obiettivi di riduzione dello stock atmosferico di CO2, sono un’azione di contrasto all’inquinamento dell’aria e di miglioramento della vivibilità urbana. Inoltre, mitigano il problema delle isole di calore e delle improvvise inondazioni, grazie all’ombra creata dalle chiome degli alberi e al ripristino di superfici permeabili. Non è un caso che lo stesso rapporto CMCC le inserisca tra le soluzioni di adattamento a un clima che cambia.

Nella nostra penisola, qualcosa comincia a muoversi. Con il cosiddetto Decreto Clima del 2019, sono state promosse opere mirate di riforestazione delle aree urbane per il biennio 2020-2021. Nel mese di luglio, i primi 15 milioni di Euro sono stati approvati per la realizzazione di 34 progetti nelle 14 città metropolitane italiane; si attendono a breve i risultati della selezione dei progetti 2021, per un finanziamento totale di 18 milioni di Euro. L’obiettivo è quello di estendere alla città i servizi ecosistemici delle aree boschive: conservazione della biodiversità, servizi di regolazione idrica (come la mitigazione di piogge intense) e della temperatura, conservazione del suolo, sequestro della CO2, riduzione dell’inquinamento acustico. Esaminiamo più da vicino alcuni requisiti del bando per capire quali interventi potremmo veder realizzati presto nelle nostre città. 

Un primo importante segnale è che non sarà permessa l’installazione di piante “a pronto effetto”: gli interventi dovranno devono essere vere e proprie riforestazioni urbane, non misure di verde pubblico. Un punteggio maggiore sarà assegnato alla selezione di specie capaci di assorbire più anidride carbonica e agenti inquinanti, così come saranno premiati gli interventi di de-impermeabilizzazione, come la demolizione di edifici inutilizzati seguita da rimboschimento. Il legislatore terrà conto anche della valenza sociale delle nuove aree, come il loro collegamento con piste ciclabili, la loro fruibilità, e il coinvolgimento della comunità locale nella pianificazione e gestione dell’area.

Indubbiamente gli alberi in città recano anche alcuni disservizi, come la dispersione dei pollini, la caduta di rami e la rottura del manto stradale ad opera delle radici. Scegliere le specie più adatte contribuisce a minimizzare questi problemi e a rafforzare le ricadute positive del rimboschimento urbano.

Il caso Forestami

Forestami è il progetto lanciato per la riforestazione della Città Metropolitana di Milano: obiettivo 3 milioni di alberi. Promossa dagli enti pubblici locali e sostenuta da Fondazione Falck e Sistemi Urbani FS, l’iniziativa ha superato quota 300 mila alberi. La prima fase di Forestami, curata dal Future City Lab del Politecnico di Milano, ha visto una mappatura certosina del territorio, al fine di individuare le aree di intervento più promettenti. 

Lo studio ha stimato la densità vegetativa della Città metropolitana di Milano nel 16% della superficie totale. Il paragone con altre capitali mondiali è impietoso: Vancouver 26%, Ginevra 21%, Singapore 29%, Amsterdam 21%, Johannesburg 24%. L’obiettivo è di portare Milano a quota 20%. La pianificazione prevede che le messe a dimora avverranno per la maggior parte su aree non urbanizzate, come pascoli incolti e cave; ma sono le cosiddette “aree grigie” che promettono i maggiori benefici – un quinto dell’area totale di intervento è destinato alla riconversione di superfici pavimentate e pertanto impermeabili. Una partita importante si gioca sulla riqualificazione dei sette scali ferroviari milanesi ora dismessi – Farini, San Cristoforo, Porta Romana, Greco-Breda, Lambrate, Rogoredo, Porta Genova. La loro superficie totale si aggira sul milione di metri quadrati (140 campi da calcio), il 65% dei quali è destinato ad aree verdi.

Scalo Farini, Milano

Indubbiamente gli alberi in città recano anche alcuni disservizi, come la dispersione dei pollini, la caduta di rami e la rottura del manto stradale ad opera delle radici. Scegliere le specie più aIl finanziamento di Forestami è un aspetto rilevante del progetto: la messa a dimora di ciascun albero costa circa 30 Euro, un importo che va a coprire i costi di progettazione, quelli di acquisto della pianta e un follow-up di 5 anni. Per raggiungere l’obiettivo, la raccolta ha beneficiato del contributo di tutti, raccogliendo oltre 1 milione di Euro da fondazioni, imprese, e privati cittadini. La Città Metropolitana si è inoltre aggiudicata 2.3 milioni attraverso i bandi di riforestazione urbana previsti dal Decreto Clima.

Un delicato equilibrio sociale

Indubbiamente gli alberi in città recano anche alcuni disservizi, come la dispersione dei pollini, la caduta di rami e la rottura del manto stradale ad opera delle radici. Scegliere le specie più aIl finanziamento di Forestami è un aspetto rilevante del progetto: la messa a dimora di ciascun albero costa circa 30 Euro, un importo che va a coprire i costi di progettazione, quelli di

L’obiettivo di molte campagne di riforestazione urbana, tralasciando l’aspetto ambientale, è il miglioramento della qualità della vita. È ormai assodato che gli spazi verdi contribuiscono al nostro benessere psico-fisico, riducendo lo stress e fornendo occasioni di socializzazione e attività sportiva. 

Il rovescio della medaglia è la pressione sull’accessibilità abitativa, come evidenziato da Pierfrancesco Maran alla nostra tavola rotonda “Terra chiama Milano”. La opere di riqualificazione urbana innescano un aumento nei valori immobiliari e nel costo della vita, mettendo in difficoltà le fasce di popolazione dal reddito medio-basso. Molti hanno teorizzato il decadimento della città post-pandemica, complici la ricerca di spazi verdi e meno affollati, oltre alla crescita dello smart working. Eppure i prezzi immobiliari nelle maggiori città italiane continuano a crescere, a fronte di un trend nazionale negativo. Talvolta, i progetti di forestazione urbana includono l’aumento dei prezzi tra i propri obiettivi. È il caso di Bologna, che con il protocollo di riforestazione GAIA punta a un +12% sul valore degli immobili (report Symbola).

Il caso statunitense mostra che sono i quartieri a basso reddito ad accusare maggiormente la mancanza di spazi verdi. La recente impennata del costo dell’elettricità ci ha ricordato quale sia l’impatto dei rincari in bolletta sulle fasce più deboli della popolazione. Con le loro chiome, gli alberi mitigano l’effetto isola di calore e possono ridurre l’uso dell’aria condizionata fino al 30%. Il loro effetto positivo sulla qualità dell’aria e il benessere mentale sono altri fattori determinanti per puntare sul rimboschimento dei quartieri più disagiati.

Conciliare la forestazione urbana con l’inclusione sociale è un sentiero pieno di insidie. Uno strumento da adottare su scala europea potrebbe essere un indicatore di “equità verde” sull’onda del Tree Equity Score statunitense, al fine di individuare le aree urbane che possono beneficiare maggiormente dalla messa a dimora di nuove piantine.